RUBRICA

Alveare: “Rossella è andata via da Trani”. La rubrica di Rino Negrogno

Rino Negrogno
Rossella De Palma
Oggi vi parlerò di Rossella che ha la stessa età di mio fratello, vi dirò chi è, per chi già non la conosca, per poi ospitare sulla mia rubrica le sue parole che, anche questa volta, mi hanno commosso
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Ho un fratello che è nato quando io avevo già diciassette anni, Luca, si chiama come mio figlio, anche perché ho sempre adorato questo nome, pertanto ho fatto pressione sui i miei genitori affinché lo scegliessero per lui. È stato per me come avere un figlio, fare una prova generale prima di averne, infatti, come si è soliti fare con un padre, Luca mi aspettava tutte le sere per giocare sul lettone, proprio come fa ora mio figlio. Mio fratello è andato via da Trani ormai da più di dieci anni e, come lui, quasi tutti i suoi amici, quasi tutta la sua generazione. Maturità classica, laurea con il massimo dei voti, laurea specialistica per poi scegliere tra lavorare in un call center, lavorare come commesso in un negozio o come cameriere in un ristorante, perlopiù sottopagati oppure andar via definitivamente da Trani. Li osservo, di tanto in tanto, alcuni suoi amici mentre detergono le vetrine dei negozi o mentre sorridono dietro i banconi; per carità, sono anche codesti lavori dignitosi, ma dopo aver investito tanto tempo e denaro nello studio, mi sia consentito dirlo, mi procura tanta tristezza. Trani quindi, come molte altre città del sud, oltre ad avere la sua splendida cattedrale e la sua rinomata storia, suo malgrado, si ritrova a essere ingrata verso i suoi figli.

Oggi vi parlerò di Rossella che ha la stessa età di mio fratello, vi dirò chi è, per chi già non la conosca, per poi ospitare sulla mia rubrica le sue parole che, anche questa volta, mi hanno commosso e soprattutto mi hanno fatto sentire, essendo più vecchio, in colpa nei suoi confronti e nei confronti di tutti i giovani della nostra città.

Rossella ha scritto per varie testate locali, ha recensito romanzi contemporanei per una rivista di Letteratura, ha curato mostre e sostenuto sempre la cultura a Trani: è stata curatrice e si è occupata di rassegna stampa e organizzazione della Mostra Artistica Collettiva “Le vie dell’arte sono infinite” nella Biblioteca Comunale Giovanni Bovio di Trani, è stata curatrice della Mostra Fotografica “Porti Urbani” a Matera al Momart Gallery con il patrocinio del comune di Matera e Matera Capitale della Cultura 2019; è stata curatrice della Mostra personale Fotografica “Porti Urbani” a Torino presso la Galleria “L’ufficio Moderno” di Torino; è stata curatrice della Mostra personale Fotografica “Porti Urbani” presso la Biblioteca Comunale Giovanni Bovio di Trani; è stata curatrice della Mostra personale di Enzo Spadavecchia ed Evento: I Ri-Tratti della Scrittura; ha pubblicato un saggio di critica letteraria dal titolo “Lo scrittore indignato. Sperimentalismo, erotismo e critica sociale in Luigi Malerba” e tanto altro ancora.

Ma Rossella, come Luca e come molti altri della sua generazione, è andata via da Trani. La sua lettera:

“Ciao Rino, mi ritaglio tre minuti per raccontarti qualcosa di me…

Io, con grande gioia, dico solamente che sono la semplice figlia di un operaio, un grande operaio, un uomo che mi ha insegnato che nella vita l’importante è essere onesti e camminare a testa alta senza perdere mai di vista una cosa, la dignità.

Con grande dignità, mentre i miei compagni di corso a fine sessione si dedicavano al cazzeggio e alle vacanze, io lavoravo in una gelateria. Lo dico sempre che grazie ai coni gelato mi sono pagata gli studi.

Mi sono laureata due volte, una in editoria e giornalismo e una in filologia moderna, entrambe le volte con 110 e lode per la gioia di mio padre più che mia. Ho fatto un master e variegati corsi di formazione.

E nel frattempo ho lavorato, ho dato il mio sostegno con il servizio civile ad una civiltà che ancora oggi ci divide in bianchi e neri, piuttosto che in fortunati e meno fortunati, ho fatto ripetizioni, lavorato nei bar e negli american bar, ho fatto di tutto pur di non pesare troppo sulla mia bella famiglia.

Ogni giorno mi dicevo, arriverà il tuo momento, resisti. Io la mia bella Trani non la volevo lasciare.

Poi entri in un call center, per un po’, ti dici: “perché ti dà lo stipendio…” e nel frattempo scrivi… scrivi… ma se non sei accondiscendente, se scegli di dire la verità e di dirla nuda e cruda, se decidi di non piegarti alle bandiere, è difficile che la gente possa avere stima di te, che possa credere in te, perché una cosa è certa io il culo non lo lecco a nessuno. Posso pregare Dio ma nessun altro per avere quello che mi spetta di diritto.

Anche se non sono la figlia di un professorone, anche se mio padre non è un avvocato, quel poco che ho me lo sono sudato. Ed ho lottato con le unghie per averlo. Credimi.

Quando scrivi un articolo e te lo pagano 2 euro o quando ti dicono ti pago le tasse per il tesserino, tu pensi che vada bene, ma non dovrebbe andar bene così.

Dal call center sono partita e l’azienda mi ha concesso di crescere e trasferirmi e, anche se non è il mio ambito, io faccio tutto nel migliore dei modi possibili, perché nessuno possa dire: “non sai fare”.

Ma mi manca la mia città e su tutto mi manca la mia famiglia, perché nessuno mi restituirà il tempo perso con i miei genitori, ormai sessantenni. Mi mancano le persone come te, quelle piene di valori e ideali veri, mi manca non essere stata con mio padre a sentire il fratello del Che raccontare del caro Ernesto. Ma vallo a spiegare a uno che prende ancora la paghetta a 34 anni. O vallo a dire a chi ti dice, “vivi ancora coi tuoi? Ma sei pazza”. Comodo se pensi che la casa per vivere da soli glie l’han regalata mamma e papà.

E allora sai che ti dico? Meglio figlia di un operaio che di suo mi ha riempito d’amore piuttosto che così. Perché Trani è questa. È inutile che ci prendiamo in giro e facciamo giri su giri con comunicati stampa e post ad effetto sui social.

Trani è bella ma i tranesi sono quasi tutti così.

Di generazione in generazione.

Ma io non mi piego.

Promesso.


BIO – Alveare – Lavoro per strada, in mezzo alla gente, ascolto il brusio e ho l’impressione di trovarmi in un alveare; salgo e scendo i gradini delle scale, entro ed esco dalle case, dai reparti ospedalieri, delle prigioni e ho l’impressione di entrare e uscire dalle celle esagonali dei favi di un alveare; scorro le notizie e le storie sul mio pc, su e giù e mi ritrovo di nuovo in un alveare di pensieri e avvenimenti; mi fermo un istante e nella mia mente nasce una storia. Lavoro come infermiere nel servizio emergenza urgenza 118 da quattordici anni ma ho la mania della scrittura, della poesia e del racconto e qualcuno è così folle da concedermi lo spazio per farlo, ma, tutto sommato, è meglio incontrarmi in veste di poeta e scrittore. Buona lettura.


Le altre puntate

1 Ernesto Che Guevara

2 Al capezzale dei vecchi

3 La visita medica

4 Il sindaco è come il pesce

5 L’incidente dell’ambulanza

6 Le nonne che giocavano a tombola

7 Vi racconto il mio primo appuntamento al buio con una donna

8 Barresi-Bottaro: che brutta storia

9 Lei è un medico? Una donna?

10 Quello strano fascista di Pinuccio Tarantini

giovedì 7 Dicembre 2017

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