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Alveare: “Ernesto Che Guevara”. Primo appuntamento con la rubrica di Rino Negrogno

La Redazione
Ernesto Che Guevara
Nato a Rosario, in Argentina, il 14 giugno del 1928, in una famiglia borghese benestante; giocatore di scacchi, di rugby nonostante soffrisse di asma, di tiro a segno con la pistola, grande lettore appassionato di poesia
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Oggi inizia per me una nuova avventura, si chiama “Alveare”, la mia nuova rubrica su TraniLive, pertanto ringrazio di cuore la redazione per avermi concesso questa gradita occasione. Desidero cominciare con un breve racconto, una storia a me molto cara: quella di Ernesto Che Guevara perché il 9 ottobre ricorrono i cinquant’anni dalla sua morte. Non vi nascondo che mentre scrivo questa mia, sto tentando di organizzare una commemorazione, con tanto di benedizione del prelato, come fece il consigliere Lima per Almirante, ho in mente di realizzare una proiezione di documentari, di far suonare della musica a tema e soprattutto mi preme un sereno dibattito sul personaggio immaginando un confronto tra sostenitori e non; fino ad ora ho raccolto pochissime adesioni ma non desisto sebbene mia moglie freni anzitempo il mio avventato entusiasmo persuadendomi che non verrebbe nessuno ad ascoltarci e mi ritroverei solo con il mio Ernesto e il tempo perduto invano a organizzare l’insolito evento. Probabilmente ha ragione lei, questi sono i tempi di Salvini e Renzi, così ho deciso, intanto, di commemorarlo con questo racconto, il racconto di una storia che quasi certamente non si ripeterà più, tantomeno a Trani, dove, l’altro ieri, ho visto una signora ben agghindata fermarsi con l’auto in via Torrente Antico e lanciare dal finestrino, nella campagna adiacente, il sacchetto dei rifiuti; improbabile che con tanto egoismo congenito, soprattutto nei confronti dei nostri figli, codesti possano trovare interessante la storia di un uomo che era talmente persuaso di voler cambiare il mondo da sacrificare la propria vita.

La vita del Che

Nato a Rosario, in Argentina, il 14 giugno del 1928, in una famiglia borghese benestante; giocatore di scacchi, di rugby nonostante soffrisse di asma, di tiro a segno con la pistola, grande lettore appassionato di poesia soprattutto quella di Pablo Neruda, diplomato al liceo si iscrive alla facoltà di medicina. Nel dicembre del 1951 si prende una pausa dagli studi e parte da Cordoba, insieme al suo amico Alberto Granado, a bordo di una vecchia motocicletta, soprannominata “La Poderosa”, per un viaggio attraverso il Sudamerica durante il quale rimane sopraffatto dalla povertà e lo sfruttamento delle popolazioni, scrive, infatti, sul suo diario: “Non sono più lo stesso di prima… è ora che i governanti dedichino meno tempo alla propaganda delle qualità del loro regime e più denaro, moltissimo denaro in più, per la realizzazione di opere di utilità sociale”. Dopo essersi laureato in medicina, si reca in Guatemala dove per la prima volta sostiene una causa politica, appoggiando il governo del presidente Jacobo Arbenz che viene rovesciato da un colpo di stato organizzato dalla CIA ed è questo avvenimento a persuaderlo definitivamente che l’unica soluzione per contrastare l’imperialismo degli Stati Uniti sia la rivoluzione armata. Nel 1954 giunge in Messico dove sposa Hilda Gadea, nasce Hilda Beatríz, incontra Fidel Castro e aderisce al suo movimento, il “Movimento del 26 luglio” che combatte a Cuba per rovesciare il dittatore Fulgencio Batista. Il 25 novembre 1956 si imbarca sulla nave Granma, da Tuxpan in Messico, con altri 82 uomini, tra cui vi è anche l’ex partigiano Gino Donè Paro, sbarcano il 2 dicembre sulla spiaggia di Las Coloradas a Cuba, vengono attaccati dall’esercito del dittatore Batista e molti di loro muoiono in combattimento. Sopravvivono in dodici e si riparano sulle montagne della Sierra Maestra per riorganizzarsi e cominciare la guerriglia contro il regime. Il primo gennaio del 1959 Batista fugge da Cuba e i rivoluzionari entrano vittoriosi a L’Avana. Successivamente Ernesto Che Guevara divorzia, sposa Aleida March, Alberto Korda gli scatta la famosa foto, ricopre vari incarichi nel governo cubano, compreso quello di ministro, tiene il famoso discorso all’Onu che si conclude con la frase “Patria o morte”, si reca in Cina dove incontra Mao Tse Tung, si sente tradito dalla Russia durante la crisi dell’ottobre 1962. L’avvicinamento alla Cina e la presa di distanza dalla Russia, è forse un problema per Cuba che ha bisogno della sua protezione, infatti nel 1965 il Che scompare dalla vita pubblica cubana. Si reca in Congo per combattere a sostegno del movimento marxista dei Simba ma la rivolta viene soppressa dall’esercito congolese, l’intenzione di Ernesto Guevara di esportare la rivoluzione cubana fallisce. Abbandona il Congo ma torna a Cuba solo dopo diversi mesi per poi ripartire per la Bolivia deciso a importarvi quella rivoluzione contro tutti i regimi imperialisti e lo sfruttamento dei popoli, ma viene catturato e il 9 ottobre del 1967 viene ucciso. Durante la notte di prigionia in una scuola, nell’aula entra una maestra che gli offre un piatto di minestra; indicando una frase scritta alla lavagna, il Che ferito dice che c’è un errore, manca un accento.

La prossima puntata

Non vi spaventate, nelle prossime puntate non vi tedierò con la teoria del plusvalore assoluto e relativo, ma il caso ha voluto che la mia rubrica cominciasse intorno al nove ottobre e il mio inossidabile desiderio di incontrare almeno un’altra volta l’hombre nuevo, mi ha persuaso di dovervi raccontare questa breve storia fantastica, talmente tale che non tutti credono sia accaduta per davvero.

Desidero concludere con le parole di Maurizio Chierici: “Oggi il Che è una specie di “cavaliere inesistente” di Calvino, una corazza vuota dove ognuno mette i propri sentimenti. Chi ha conosciuto il Che da lontano, trent’anni fa, ha un tipo di passione diversa dai ragazzi che lo incontrano nelle bandiere delle piazze di tutto il mondo; ognuno ci mette fantasia, sentimenti, illusioni; il Che per noi è diventato questo; che poi gli storici ne possano calcolare gli errori o le virtù, tutto sommato è secondario; lui è diventato un simbolo perché noi venivamo da una guerra mondiale, si apriva un mondo fantastico che il benessere allargava sempre di più, a questo mondo mancava un simbolo, il Che era un’immagine naturale di giovinezza e di speranza; era bello, era luminoso e poi era morto perdente, era morto come uno che non ha più nulla, ha rinunciato a tutte le patrie che aveva”.


BIO Alveare Lavoro per strada, in mezzo alla gente, ascolto il brusio e ho l’impressione di trovarmi in un alveare; salgo e scendo i gradini delle scale, entro ed esco dalle case, dai reparti ospedalieri, delle prigioni e ho l’impressione di entrare e uscire dalle celle esagonali dei favi di un alveare; scorro le notizie e le storie sul mio pc, su e giù e mi ritrovo di nuovo in un alveare di pensieri e avvenimenti; mi fermo un istante e nella mia mente nasce una storia. Lavoro come infermiere nel servizio emergenza urgenza 118 da quattordici anni ma ho la mania della scrittura, della poesia e del racconto e qualcuno è così folle da concedermi lo spazio per farlo, ma, tutto sommato, è meglio incontrarmi in veste di poeta e scrittore. Buona lettura.

venerdì 13 Ottobre 2017

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