RUBRICA

Alveare: “Quello strano fascista di Pinuccio Tarantini”. La rubrica di Rino Negrogno

Rino Negrogno
Pinuccio Tarantini
Detesto Pinuccio Tarantini quando parla di politica e continua instancabilmente a farlo dal famoso social network
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Detesto Pinuccio Tarantini quando parla di politica e continua instancabilmente a farlo dal famoso social network, pur ritenendo, mi sia consentita la litote, non sia stato male come sindaco della nostra città. Quando invece non parla di politica lo adoro, mi emoziona a volte fino alla commozione. Desidero quindi ospitarlo oggi nella mia rubrica per una sua riflessione che mi ha commosso, perché la sento mia e perché possano apprezzarla e sentirla come propria molti tranesi, soprattutto quelli che in gioventù hanno abitato come lui e come me, tra via De Robertis, corso Imbriani e via Bebio. Ho proprio la sensazione di averla scritta io. Eccola:

“Ieri sera, tornato a Trani, ho deciso di passare dal barbiere. Ho sentito le campane di San Giuseppe per la Messa della sera nel periodo dell’Avvento, e d’improvviso mi sono ritrovato ragazzo nel mio quartiere, con il parroco Don Aldo, con Peppino il tabaccaio, con Santina la fruttivendola più educata del mondo, con il salumiere Bove e la temibile Rosolina, con Vito il macellaio, con la signora Maria e l’ origano nella cassetta davanti al sottano, con il mobilificio Curci e il negozio di abbigliamento di Nesta, che avevano inventato gli outlet molto prima degli americani. Ho risentito la voce di mio padre: «Non ti ritirare tardi che devi studiare, altrimenti puoi andare a lavorare al petrale (la cava di pietra per noi tranesi)». Ho tagliato i capelli ma non sono passato da mia madre, ieri era nella mia testa giovane e bella e mandava avanti senza problemi una casa enorme e una famiglia di cinque persone. Ora che è diventata piccola e fragile sarei io a doverla proteggere, ma ieri ho voluto che fosse ancora un giorno in cui la più forte era lei”.

Oggi molti di questi personaggi non ci sono più, Don Aldo, Peppino, Santina, suo padre e mio padre, i locali del mobilificio sono vuoti come anche quelli dell’albergo e ci sono le nostre madri invecchianti che un po’ rispecchiano la nostra città e a volte anch’io vorrei evitare di passare da lei.

Lo detesto quando farnetica di politica, ma lo adoro quando dice certe cose.


BIO – Alveare – Lavoro per strada, in mezzo alla gente, ascolto il brusio e ho l’impressione di trovarmi in un alveare; salgo e scendo i gradini delle scale, entro ed esco dalle case, dai reparti ospedalieri, delle prigioni e ho l’impressione di entrare e uscire dalle celle esagonali dei favi di un alveare; scorro le notizie e le storie sul mio pc, su e giù e mi ritrovo di nuovo in un alveare di pensieri e avvenimenti; mi fermo un istante e nella mia mente nasce una storia. Lavoro come infermiere nel servizio emergenza urgenza 118 da quattordici anni ma ho la mania della scrittura, della poesia e del racconto e qualcuno è così folle da concedermi lo spazio per farlo, ma, tutto sommato, è meglio incontrarmi in veste di poeta e scrittore. Buona lettura.


Le altre puntate

1 Ernesto Che Guevara

2 Al capezzale dei vecchi

3 La visita medica

4 Il sindaco è come il pesce

5 L’incidente dell’ambulanza

6 Le nonne che giocavano a tombola

7 Vi racconto il mio primo appuntamento al buio con una donna

8 Barresi-Bottaro: che brutta storia

9 Lei è un medico? Una donna?

venerdì 1 Dicembre 2017

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