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Alveare: “Barresi-Bottaro, che brutta storia”. La rubrica di Rino Negrogno

Rino Negrogno
Rino Negrogno
La storia Barresi-Bottaro è raccapricciante a prescindere da quale sia la verità, da chi la racconti giusta; a me, sinceramente, non interessa conoscere la verità, la storia è brutta, bruttissima, demoralizzante comunque
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I miei fratelli ed io, quando eravamo bambini, eravamo piuttosto vivaci, giocavamo irruenti, senza curarci dei danni che avremmo e abbiamo certamente provocato alla mobilia. Se commettevamo una marachella in assenza dei nostri genitori o se provocavamo un grave danno alle suppellettili, come ad esempio rompere con la palla durante un calcio d’angolo, una bomboniera della pro cugina, imponevamo agli altri il silenzio ed eventualmente la complicità per celare il misfatto e, se questa complicità non era spontanea la ottenevano ricattando il fratello, tirando in ballo segreti, cui eravamo per ragioni comprensibili a conoscenza, circa le sue nefandezze; infine si costringeva nostra sorella, abile restauratrice, a incollare, stuccare e ridipingere la preziosa scultura; eravamo dei professionisti. Molte sue restaurazioni non sono mai state scoperte; alcuni reperti, invece, sono stati ritrovati solo dopo molti anni, in seguito a scavi archeologici eseguiti per esigenza di trasloco. Il monito era sempre lo stesso: “Se dici a mamma e papà che con l’alabarda di Goldrake ho frantumato la testa dell’angioletto della prima comunione di Geltrude, io dirò di quando, due anni fa (i segreti erano custoditi gelosamente al fine di poterli utilizzare al momento propizio, finanche a distanza di anni), hai fatto cadere il quadro della Sacra Famiglia con tanto di lampadina dietro, con la fionda. Funzionava così e funzionava tutto alla perfezione fin quando mia sorella, che costringevamo sempre a fare la parte dell’indiana mentre noi fratelli eravamo i cowboy con tanto di cappello, cinturone e vittoria assicurata, non si stufava e pretendeva di fare anche lei la pistolera; ma le pistole erano due e l’ascia una, cominciavano così litigi furibondi con minacce di riferire ai genitori i segreti più reconditi e rendere note le fenditure incollate e stuccate della pregiata chincaglieria di casa. Non lavoravamo disinteressatamente per il bene della casa, non avevamo idea di quanto costassero gli oggetti, eravamo presi solo dai nostri interessi personali, dal gioco e dal dover nascondere i danni che ne conseguivano. Eravamo solo dei bambini.

La storia Barresi-Bottaro è raccapricciante a prescindere da quale sia la verità, da chi la racconti giusta; a me, sinceramente, non interessa conoscere la verità, la storia è brutta, bruttissima, demoralizzante comunque. Non è questo il modo di vivere la politica. Facciamo l’ipotesi che siano vere le affermazioni della Barresi, sarebbero gravi ma non potrebbe mai provarle. Facciamo l’ipotesi che siano false, avrebbe comunque gettato fango sul sindaco e insinuato l’ombra del dubbio sulla sua persona. Cui prodest? Questa storia rappresenta il fallimento della politica, di questa politica realizzata, in generale, da persone che si trasformano in statisti dall’oggi al domani, senza ideologie, senza progetti, una politica costituita da partiti minestrone, da uomini procacciati un mese prima delle votazioni in base a calcoli matematici sul loro potenziale elettorale; è la sintesi di una politica che non è più al servizio del cittadino.

Anche perché, se ci si occupasse di politica soltanto nell’interesse della città e del cittadino, non si litigherebbe mai, non dobbiamo mica decidere quale sistema economico sociale adottare. Avete mai visto litigare due persone perché uno vuol far del bene a un altro e l’altro si arrabbia perché vuol fargli ancor più del bene?


BIO – Alveare – Lavoro per strada, in mezzo alla gente, ascolto il brusio e ho l’impressione di trovarmi in un alveare; salgo e scendo i gradini delle scale, entro ed esco dalle case, dai reparti ospedalieri, delle prigioni e ho l’impressione di entrare e uscire dalle celle esagonali dei favi di un alveare; scorro le notizie e le storie sul mio pc, su e giù e mi ritrovo di nuovo in un alveare di pensieri e avvenimenti; mi fermo un istante e nella mia mente nasce una storia. Lavoro come infermiere nel servizio emergenza urgenza 118 da quattordici anni ma ho la mania della scrittura, della poesia e del racconto e qualcuno è così folle da concedermi lo spazio per farlo, ma, tutto sommato, è meglio incontrarmi in veste di poeta e scrittore. Buona lettura.


Le altre puntate

1 Ernesto Che Guevara

2 Al capezzale dei vecchi

3 La visita medica

4 Il sindaco è come il pesce

5 L’incidente dell’ambulanza

6 Le nonne che giocavano a tombola

7 Vi racconto il mio primo appuntamento al buio con una donna

lunedì 20 Novembre 2017

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