Spettacolo

Le “Baccanti” in scena al “De Sanctis” di Trani: il soffio del teatro

La Redazione
Le Baccanti in scena al De Sanctis
In scena i giovani del progetto teatrale del liceo nella tragedia che trova il senso del teatro dentro la sua ebbrezza
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Sabato 11 giugno il gruppo di Teatro Classico del Liceo Classico “F. De Sanctis”, sulla terrazza di Palazzo Beltrani, ha portato in scena le Baccanti di Euripide, l’ultima tragedia dell’ultimo poeta tragico greco.
La regista e sacerdotessa del culto del Dio Teatro al Liceo Classico, prof.ssa Rossella Piccarreta, chiedendo il silenzio al chiacchiericcio che precede ogni rappresentazione, davanti all’incedere del tramonto ha diffuso il contagio del teatro, mancando di svelare la trama dello spettacolo che stava per cominciare. Sceso il tramonto, l’inspiegabile ha preso forma; continua a rimanere inspiegabile, ingiustificabile, finanche pericoloso per la nostra città assopita.

L’orda di ragazzi ha inscenato l’ossessivo tamburellare del tirso, bastone sacro a Dioniso e ai suoi seguaci, sulle assi del palco deputato al rituale. L’offesa al Dio dell’ebbrezza e del teatro è scontata con il peggiore dei delitti: se non possiamo tollerare l’idea del Dio che punisce, inorridiamo all’idea che sia il teatro a punirci quando manchiamo di onorarlo; si inorridiva davvero a pensare di non lasciarsi rapire dalle due ebbrezze, quella di Dioniso rappresentata e quella del Teatro che stava agendo. I personaggi di Cadmo e Tiresia, appassionatamente incarnati nello spettacolo, danzano davanti al Dio straniero; i loro occhi sono greci, e possono intravedere gli dèi, ma sono anche anziani, e con estrema fatica intravedono dèi nuovi. I nostri occhi di moderni non possono vedere gli dèi, che invece gli attori hanno scomodato al tramonto di un sabato di giugno.

A monte dello spettacolo c’è il profondo lavoro di riscrittura operato dalla regista e dagli attori stessi, segno di altrettanto profonda volontà di incarnazione nella vicenda narrata: la ricombinazione degli interventi corali, adattati in metrica e cantati in greco, accanto all’intrusione del cruciale conversare tra Demetra e Dioniso nei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese. Uno dei pochi testi attraverso i quali noi moderni possiamo provare ad intravedere gli dèi e a caricare di senso quella morte che innerva leBaccanti: “Moriranno per rinascere anche loro, e non avranno più bisogno di noialtri”.

“Inspiegabile” non è un vezzo, allora, tutt’altro: a pochi è riuscito di capire il significato letterale dei versi in greco, pesantemente scanditi o modulati per dare l’addio alle parole di Pavese. A nessuno è riuscito di capire cosa volessero significare alla letterale articolate coreografie; i corpi sinuosi e voluttuosi dei due Dioniso nello scontro con il corpo statuario ma debole del re Penteo, circondati dall’onda corporea delle baccanti in danza incessante. La danza estranea all’esprimibile a parole, portata in scena come linguaggio scenico autonomo e proprio del teatro. “Alla lettera” non si coglieranno mai le Baccanti di questo progetto teatrale; prima di questo, al di fuori della “lettera” ci riesce impossibile cogliere significati, quanto rimane esterno alle parole è ancora più ambiguo, e per questo pericoloso. “Il sapere non è sapienza”, ripete il coro: Τό σόφον δ'ου σοφία. Aggiunge il testo euripideo: “e avere la pretesa di comprendere fatti non mortali”.

La tragedia si è mossa sull’intreccio della musica ricercata nelle stesse battute del copione e del linguaggio del corpo come apice espressivo, culmine della capacità di ordinare il disordine del teatro che appare ebbro, e inspiegabilmente sapiente. L’intera scena si è costituita corpo nelle mani del dio, giustificando la scelta del doppio Dioniso: necessità di sovraintendere ai due riti bacchici che si stavano svolgendo, l’uno nell’altro. 
Un fatto non mortale è accaduto sulla terrazza di Palazzo Beltrani.

giovedì 16 Giugno 2022

(modifica il 6 Luglio 2022, 18:21)

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