Spalla

Urbex, tra le rovine del tempo perduto

Elena Albanese
Urbex
Due "esploratori urbani" ci raccontano il fascino degli edifici abbandonati, che visitano e fotografano "lasciando solo impronte; prendendo solo emozioni", come recita il loro motto
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Lo chiamano Urbex, ovvero Urban exploration, ed è un movimento internazionale che tocca praticamente tutto il mondo: dall’Europa, all’America, al Giappone.

Chi ne fa parte ha una singolare passione: esplorare – appunto – luoghi ed edifici abbandonati. Di cui anche la nostra Puglia è piena. Ci sono le masserie fortificate della Murgia e del brindisino, ville, motel e villaggi turistici; addirittura ad Accadìa, nel foggiano, c’è un quartiere disabitato nel bel mezzo del paese.

Ed è lì che gli appassionati del genere trascorrono il loro tempo libero e organizzano le loro scampagnate domenicali, tra l’adrenalina della scoperta e lo scherno di qualche amico “costretto” a seguirli. Gli stessi amici che spesso gli (e si) chiedono il perché di un hobby che comporta il rischio di farsi male e di essere scoperti.

Semplice. «Per assaporare il fascino del tempo che passa e ritrovare testimonianza della vita che è stata vissuta in questi luoghi», dicono due di loro. «Nel 90% dei casi è stato tutto rubato», ma se si è fortunati si trovano oggetti e suppellettili che aiutano a immaginare cosa c’era prima e a capire quando tutto è finito. Un calendario appeso al muro, dei piatti su una credenza, un piccolo presepe riverso su un divano, una rivista aperta su una scrivania sfondata o un giornale sul pavimento di un bagno «portano a chiederti se chi li ha lasciati lì sapeva che non sarebbe più tornato», spingendo inevitabilmente la mente a tentare di ricostruire una storia, vera o inventata che sia.

Alcune volte si trovano sul posto sedicenti “custodi”, allertati e insospettiti dalla presenza umana. «Poi gli spieghiamo che non abbiamo cattive intenzioni, che siamo solo lì per guardare e scattare foto col cellulare». Probabilmente non ne capiscono il senso, ma «diventano loquaci e iniziano a spiegare e a raccontare cosa è successo».

Le immagini immortalate dai due sono evocative, ma spesso anche inquietanti. Non a caso si dichiarano fan rispettivamente della “Cinico tv” di Ciprì e Maresco l’uno, di David Lynch l’altro. Una minima parte – «ma in totale sono centinaia!» – le hanno postate sulla neonata pagina facebook Abandoned trash, con didascalie minimal che fanno trapelare davvero poco. Men che meno la loro geolocalizzazione. «Il nostro desiderio di scoprire è inversamente proporzionale alla voglia di diffondere la nostra conoscenza, per preservare la restante integrità delle strutture, già sottoposte ad atti predatori e intemperie».

Insomma, un vero e proprio rispetto nei confronti di queste architetture decadenti, novelle nature morte da guardare e basta. «Non tocchi niente – dicono -, anche se non ha molto senso quando chi è arrivato prima di te ha persino sradicato il rame dalle pareti. Ma noi non sfonderemo mai un lucchetto». Solo porte spalancate, dunque, buchi aperti nelle recinzioni e varchi già percorsi.

Spaziano dai paesaggi tranquillizzanti e bucolici della Murgia, dove si può trovare una Fiat 126 perfettamente integratasi tra i cespugli, agli edifici in disarmo delle aree urbane – sale ricevimenti, ristoranti, palazzine – «che trasmettono ansia perché non sai se vengano utilizzati per altri scopi né da chi».

Se proprio si vuole trovare un’ulteriore motivazione, non riguarda neanche il discorso etico della riqualificazione. Anzi. Secondo loro «operare sull’abbandono è un gesto ipocrita». L’obiettivo è uno solo: «preservare il passato», o almeno provarci. “Lasciando solo impronte; prendendo solo emozioni”, come recita il motto degli Urbex.

giovedì 26 Ottobre 2017

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