Cultura

Addio a Franco Scaringi, l’ultimo artista del Novecento

Donato De Ceglie
Franco Scaringi
Il professore si è spento ieri. Un ricordo personale dell'uomo, "Non definitemi malinconico"
scrivi un commento 79

Un numero di telefono fisso da comporre. La mia prima intervista a “domicilio”, per poter apprezzare al meglio la sua arte ed entrare nel suo mondo. Un numero fisso da comporre 5 minuti prima dell’arrivo, per avvisare, ed uno squillo quando avrebbe dovuto aprire il portone. Nelle due occasioni in cui ho potuto ascoltare un pezzo di storia vivente, tra il 2011 ed il 2015, il rito è stato sempre lo stesso. Sul forno storico, l’ultimo custode della fiamma sotto il livello stradale, a vista piazza Garibaldi, tra gli schiamazzi della vita quotidiana ed il traffico, sembrava impossibile potesse incastrarsi tra quelle mura la casa-studio del professore Franco Scaringi.

Armato di macchina fotografica e registratore vocale non ho mai avuto il coraggio di conservare un documento di quello che avrei visto o ascoltato. Mi sembrava irrispettoso per il tempo e la ricerca custodita in quello scrigno colmo zeppo di pennelli, colori, capitelli, quadri, bozzetti, pensieri. Mal sopportava un aggettivo che un critico gli affibbiò sulle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno, “Malinconico”. “Quando parlo di ritorno alla memoria, non sono malinconico, il mio non è un ritorno alle radici, un volgere gli occhi al passato per ammettere una sconfitta del presente. Il mio spirito vuole richiamare alla memoria di ogni singolo uomo la ricerca. Ogni uomo è alla ricerca di qualcosa”, qualcosa che potrebbe elevare l’uomo.

L’ultimo artista del Novecento, Franco. Era uno dei componenti di Nuova Puglia, il movimento artistico nato nel 1967, nel quale gravitavano Guerricchio, Landi Martiradonna, Vallarelli, Prelorenzo, Nuovo, Salvemini, il fratello Ivo Scaringi. L’arte modellata dall’uomo con strumenti che avessero anche finalità sociali. Nel 1971 realizzarono la mostra Immaginazione e realtà nella Pinacoteca di Bari. Mi parlò della fine di quell’esperienza, “A fine anni 70 svanì la chiave sociale di quel movimento, non ci si incontrava più, sembrava quasi non si poteva più parlare di sociale con l’arte, quindi si spense il progetto”.

Franco mi parlava di tecnologia, modernità, della sua indagini degli strumenti pittorici mentre mangiava pezzi di cioccolata che aveva sempre a portata di mano su di un mobiletto. Sfogliava i suoi lavori, li poggiava per terra, estraeva bozzetti da ogni angolo del suo studio e me li porgeva tra le mani per dare un peso alla sua arte, alle sue parole. Ogni foglio era un macigno che non volevo toccare, per il rischio di rovinare quei pezzi di storia dell’uomo che avevo dinanzi.

Franco non era malinconico, ragionava sulle arti e sul mondo, sulla realtà. Nel 2015 organizzò grazie alla collaborazione del suo allievo Nico Kochise, che aveva (ed ha, attualmente) studio a poche decine di metri di distanza, e sua figlia Raffaella che culla l’arte della fotografia, una mostra. Mai domo nella ricerca, mai immobile su una posizione. Oltre a Raffaella, già citata, Franco lascia anche Laura, che sulle orme del papà ha masticato l’arte divenendo docente. Ora in forza all’Accademia delle belle arti di Lecce, già docente presso l’accademia di Foggia e Palermo.

“Noi siamo ancora uomini, non elementi stratosferici. Per strada ci sono ancora patate e arance. L’avanguardia di oggi non è più eroica ma allegra perché sostenuta dalla volontà dei poteri”.

“Siamo tutti artisti ma questo non ha senso”. Non era malinconia, era una ricerca di speranza.

sabato 2 Marzo 2019

Argomenti

Notifiche
Notifica di
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti