RUBRICA

Alveare: “Lei è un medico? Una donna?”. La rubrica di Rino Negrogno

Rino Negrogno
Lo scatto realizzato da una fotografa tranese
La violenza comincia da quando siamo bambini, noi con le pistole per uccidere gli indiani e loro con le bambole da pettinare, comincia quando il padre resta seduto a tavola mentre la madre lava i piatti
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Un giorno mi sono recato, durante il mio turno di servizio nel 118, da un tale dolorante, ero con un medico donna, più giovane di me, Stefania, molto bella e molto preparata; il paziente che aveva richiesto il nostro intervento lamentava un dolore, resistente a farmaci, all’altezza della fossa iliaca destra, irradiato al testicolo; era visibilmente dolente e, sebbene sulla mia casacca vi fosse scritto infermiere mentre su quella di Stefania medico, si rivolgeva a me senza prendere per nulla in considerazione la mia collega; l’ho pregato, indicandola, di esporre il suo problema anche al medico, ma egli, accennando appena un ghigno e come se non avessi parlato, ha continuato a colloquiare soltanto con me, allora ho cercato di essere più esplicito, esortandolo a considerare che Stefania era il medico e che doveva spiegare anche a lei le sue doglie; stizzito, il paziente, l’ha guardata per un attimo di sottecchi e poi ha detto: «A una femmina?».

Domani 25 novembre si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, anche a Trani ci saranno delle iniziative e colgo l’occasione per ringraziare Marinetta Di Gravina e Valentina Palmieri ed evidenziare l’ottimo lavoro che svolgono presso il Centro Antiviolenza Save che si occupa di promuovere la prevenzione e il sostegno legale e psicologico alle vittime della violenza di genere. Save è operativo su Trani e Bisceglie e per contattare le operatrici basta chiamare al numero 0883 501407 oppure recarsi presso servizi sociali del Comune di Trani il venerdì tra le 9.30 e le 11.30.

La violenza contro la donna, lo sappiamo tutti, non è solo quella degli schiaffi, dei pugni, delle coltellate e dei proiettili; la violenza è nelle parole, nelle convinzioni, nelle considerazioni. Anch’io ho commesso una violenza nella prima frase del mio articolo, quando ho scritto “Stefania, molto bella e molto preparata”, perché ho anteposto la considerazione che è molto bella a quella che è molto preparata, in realtà non avrei dovuto nemmeno scrivere che è bella perché nel contesto non ha alcuna rilevanza, ma l’ho scritto inconsciamente perché, è automatico, così siamo stati forgiati fin da bambini: la donna è bella e il maschio è forte. Tuttora quando con mio figlio guardo in televisione i canali a loro riservati, le pubblicità hanno sempre la stessa struttura, per i bambini vi sono giochi che esortano allo scontro se non alla violenza vera e propria, al primeggiare sui compagni, alla distruzione, alla prova di forza; per le bambine, si parte dai bambolotti da accudire e i pannolini da cambiare fino a giungere alle scarpette con i tacchi, al fondotinta e al rossetto. La violenza parte da lì, da quando siamo bambini anzi, oserei dire, da quando ci hanno fatto credere che Dio abbia staccato una costa ad Adamo per creare la donna e che lei abbia ceduto alla tentazione del serpente e che per questo sia stata condannata a partorire con gran dolore mentre l’uomo a lavorare. C’è gente convinta davvero che gli uomini abbiano una costa in meno, provate a fare una ricerca su Google se non ci credete, e quel tale che si rivolgeva a me escludendo Stefania, probabilmente era persuaso che io fossi l’uomo condannato a lavorare e Stefania a partorire o al massimo a lavorare come infermiera, ma tipo quella dei film di Alvaro Vitali, con reggicalze e seno prorompente in bella vista.

La violenza comincia da quando siamo bambini, noi con le pistole per uccidere gli indiani e loro con le bambole da pettinare, comincia quando il padre resta seduto a tavola mentre la madre lava i piatti, quando le mamme lavoratrici non hanno agevolazioni, quando vengono messe in condizioni di dimettersi se restano incinte, quando affermiamo che una donna violentata se l’è cercata, quando affermiamo che la donna è una puttana mentre l’uomo è uno che si diverte e fa anche bene. Ma anche quando, in caso di separazione, si deve preferire la madre come genitore presso cui fissare la dimora abituale dei bambini.

Non so se riusciremo mai a debellare questa sciagura, la vedo ardua, la violenza di genere è nella nostra testa; forse bisognerebbe azzerare un paio di generazioni e ricominciare tutto daccapo.

Grazie Save, grazie a tutte le donne.


BIO – Alveare – Lavoro per strada, in mezzo alla gente, ascolto il brusio e ho l’impressione di trovarmi in un alveare; salgo e scendo i gradini delle scale, entro ed esco dalle case, dai reparti ospedalieri, delle prigioni e ho l’impressione di entrare e uscire dalle celle esagonali dei favi di un alveare; scorro le notizie e le storie sul mio pc, su e giù e mi ritrovo di nuovo in un alveare di pensieri e avvenimenti; mi fermo un istante e nella mia mente nasce una storia. Lavoro come infermiere nel servizio emergenza urgenza 118 da quattordici anni ma ho la mania della scrittura, della poesia e del racconto e qualcuno è così folle da concedermi lo spazio per farlo, ma, tutto sommato, è meglio incontrarmi in veste di poeta e scrittore. Buona lettura.


Le altre puntate

1 Ernesto Che Guevara

2 Al capezzale dei vecchi

3 La visita medica

4 Il sindaco è come il pesce

5 L’incidente dell’ambulanza

6 Le nonne che giocavano a tombola

7 Vi racconto il mio primo appuntamento al buio con una donna

8 Barresi-Bottaro: che brutta storia

venerdì 24 Novembre 2017

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