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Vittorio, tranese a Shangai: “Vi spiego come hanno combattuto il Coronavirus”

Ottavia Digiaro
Vittorio Franzese
"Da una settimana si è ulteriormente inasprita sotto il profilo dei controlli, per quanto riguarda un aspetto: la possibile ri-diffusione del virus grazie a quelli che rientrano dall'estero"
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“Sono tornato a Shanghai qualche settimana fa. Ero partito per le vacanze del capodanno cinese un attimo prima che scoppiasse l’epidemia a Wuhan”. Chi parla è il tranese Vittorio Franzese: lavora a Shangai e lo abbiamo contattato per capire in quale maniera lì si sta affrontando l’emergenza Coronavirus.

“Quei primi giorni li abbiamo vissuti nella paura che la gente di Wuhan si riversasse nelle grandi città come Shanghai e Pechino per evitare di rimanere chiusa, nel caso avessero messo tutta la città in quarantena. Così è stato, ma la chiusura è stata effettiva: strade, aeroporti, stazioni, e severe punizioni per chi cercava di violare la quarantena”.

Come abbiamo appreso, in Cina le regole sono state molto severe: mascherina obbligatoria per tutti in strada, controlli per la febbre all’entrata di qualsiasi negozio e attività rimasta tra quelle rimaste aperte, impossibilità assoluta di entrare in un edificio che non fosse il proprio palazzo di casa o ufficio, impossibilità di uscire di casa prima della fine dei 14 giorni di quarantena di tutti i neo entrati in Cina, il management di ogni palazzo si preoccupava di registrare la data di arrivo di ciascuno e di fornire su richiesta cibo e beni di prima necessità ai residenti in quarantena. “C’è da dire anche che in Cina l’avere a disposizione decine e decine di app con cui ordinare tutto quello che si vuole online e la poca propensione ad uscire di casa della gente in generale, hanno aiutato a risolvere completamente il problema in poco più di un mese, anche in una città di 27 milioni di abitanti come Shanghai”.

Ma l’arma principale della Cina è la quantità incredibile di personale che ogni autorità locale ha alle dipendenze: ogni “compound” e area residenziale, complesso di edifici ha almeno quattro persone assunte al solo scopo di implementare i controlli per il virus. I loro compiti: registrare le persone, misurare regolarmente la temperatura di chi entra, fornire a chi esce di casa un documento che va restituito al rientro, l’unico documento che permette di riconoscerti come residente e quindi di farti rientrare. “Non avete idea di quanta gente è alle dipendenze della municipalità di Shanghai. E’ stata assunta gente anche con il solo compito di pulire i corrimano delle scale mobili e i pulsanti negli ascensori, le maniglie di ogni porta. Tutto era disinfettato costantemente ogni 30-60 minuti. E questo ovviamente grazie alle ingenti risorse economiche messe a disposizione dal governo”.

“Sicuramente è una cultura diversa. I cinesi hanno paura di violare le regole, mai andare contro il governo, la legge è legge e tutti la rispettano. Inoltre, qui, è impossibile vedere comitive di ragazzi in giro, perché fino ad una certa età il cinese medio conosce solo le mura di casa sua e quelle della sua scuola. Sicuramente anche tutto questo ha giocato un ruolo importante nello sconfiggere il virus”.

Vittorio, poi, ci racconta la situazione attuale. “Da una settimana si è ulteriormente inasprita sotto il profilo dei controlli, per via della possibile ri-diffusione del virus grazie a quelli che rientrano dall’estero”.

Come stanno combattendo il problema?

“Semplice: tutti quelli che arrivano dalle zone maggiormente colpite (Giappone, Corea, Iran e Italia – prima solo quelli che venivano da Veneto Piemonte e Lombardia, adesso credo tutti) vanno in alberghi messi a disposizione dal governo. Tutto spesato, tre pasti al giorno, isolamento completo in una stanza di albergo”.

giovedì 12 Marzo 2020

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