La storia

Via da Milano, il calzolaio tranese sceglie Corato: «Rispettate il lavoro dei piccoli artigiani»

La Redazione
Francesco Scandamarro
La storia controcorrente di Francesco Scandamarro, 26 anni, che è tornato in Puglia invece di restare al Nord Italia
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È cresciuto a Milano, dove ha imparato il mestiere. Da sei anni è poi tornato al Sud, a Corato, e ha deciso di rilevare l’antica bottega di un calzolaio in via Gravina. È una storia controcorrente quella di Francesco Scandamarro, 26 anni, nato a Trani, che ha scelto la Puglia invece di restare al Nord Italia.

A raccontarci di lui è stata una lettrice, Rosanna Procacci: nella sezione www.liveyou.it dedicata alle “notizie dei lettori”, ha proposto una riflessione che da un lato strizza l’occhio ai mestieri in via di estinzione e dall’altro fotografa la difficile realtà dei nostri giorni.

«Fino a qualche anno fa – dice Rosanna – trovare un buon calzolaio era diventata una vera chimera, almeno in determinati quartieri. Spesso si finiva per rinunciare alla riparazione, preferendo l’acquisto di un nuovo paio di scarpe o di una nuova borsa. Da un paio di anni invece c’è un giovane tranese che svolge la sua attività di “riparatore di borse e calzature” mettendo nel suo lavoro passione, professionalità e simpatia. Sulle labbra “dell’allegro calzolaio” c’è sempre il sorriso, il “buongiorno signora!” è assicurato e il cartello degli orari racconta la sua simpatia: “apro quando arrivo”, visto che prima ci sono le consegne da fare».

Eppure sembra che qualcosa non vada nel verso giusto. E per Francesco il ripensamento si nasconde dietro l’angolo. «Il rischio che la bottega rimanga chiusa per sempre sta diventando reale» continua Rosanna. «Francesco sta meditando di tornare a lavorare in Lombardia. Lì non gli chiedono sconti su una riparazione per cui lui magari chiede un solo euro e non è costretto a ritrovarsi una montagna di scarpe riparate e non ritirate da settimane».

«È tutto vero – ci conferma Francesco – qui c’è qualcuno capace di pretendere anche sconti di venti centesimi su lavori per cui io chiedo pochi spiccioli. Tante volte mi accorgo che a stancarmi non è il lavoro, ma la fatica psicologica per farne capire il valore alle persone: svolgo la mia professione con passione, l’ho scelta quando ero a Milano e sono fiero di averla imparata. La mia bottega è sempre piena di scarpe, i clienti non mancano e si sentono a loro agio. Tanti incarichi mi vengono commissionati anche da Trani, la città in cui vivo con la mia famiglia dopo il rientro da Milano. Quello che mi stupisce è che si faccia fatica a capire che le riparazioni richiedono capacità, impegno e dedizione. E vanno pagate al giusto prezzo: tante volte invece sembra che chiedere 3 euro sia un furto. Tutto questo a Milano non mi è mai successo: lì le botteghe come la mia sono pochissime e nessuno chiede sconti, c’è rispetto per il lavoro di tutti».

«Perché – si chiede Rosanna – i coratini, sempre in prima linea nella solidarietà, attenti a chi ha bisogno ed è in difficoltà, non sono capaci di pagare il giusto ad un giovane artigiano che vuole crescere professionalmente e fare il suo umile lavoro con onestà e passione? Perché prima di comprare un nuovo paio di scarpe o una nuova borsa non passano dal “Francesco” di turno per chiedergli se è possibile riparare, cambiar colore e riutilizzare, aiutando anche l’ambiente e riducendo i rifiuti? Dimostriamo un po’ di attenzione e stima per Francesco e per tutti i giovani artigiani che scelgono ancora una volta i lavori più umili ma densi di tradizione, passione e arte».

sabato 16 Marzo 2019

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