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Alveare. “Il passaggio a livello è chiuso”. La rubrica di Rino Negrogno

La Redazione
Cara brumosa desolata periferia
Le persone pure, quelle che hanno a cuore il bene comune, senza mezzi termini, si confrontano serenamente e insieme si prefiggono di conseguire l'obiettivo utile per la comunità, adottando le misure più agevoli e realizzabili
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Gli abitanti del quartiere Stadio, quelli che vivono dopo il passaggio a livello, hanno una maggiore propensione all’attesa. La loro vita, infatti, è scandita da un certo numero di appuntamenti quotidiani con le sbarre abbassate e il treno che passa; conoscono a memoria gli orari dei regionali e degli intercity, ma soprattutto conoscono i discorsi frivoli, come anche quelli ponderati sulla questione del fantomatico sottopasso o sovrappasso che un giorno, da cinquant’anni a questa parte, dovrebbe sorgere maestoso.

I discorsi sono sempre gli stessi: “Ier pcnnin iei quenn dcevn ca eran fè u sottopassegg”, “Veit o vecchiarid, nan ce la fac a cammnè però s chieic a passè da sott”, “iè periclous p l criatur ca vann a scoul”, “ce sounan a fè l mecn, tent nan la ieprn”, “Mic l’aieprn dalla stazioun, l’aiprn da Bar”, “S freicn l sold ma na rsolvn u probleim”. Eccetera, eccetera, eccetera. Sono sempre gli stessi discorsi, le stesse facce, da cinquant’anni o forse più; la circostanza più emozionante, in questo noioso appuntamento circadiano, è quella di scorgere lo stupore di qualche infante che per la prima volta si approccia e considera l’ambascia un problema, dopo averlo considerato per anni un momento ludico e non essersi mai spiegato perché il padre o la madre l’abbiano sempre esortato a salutare l’empio mostro con traino orribile che la pazienza mia portasi.

Per natura sono schivo e non avevo mai partecipato agli incontri organizzati nel mio quartiere sull’argomento; ultimamente però, da un mese a questa parte, mi sono lasciato coinvolgere, anche perché si paventa, come tutti sapete, la minaccia – la tipica minaccia che si impone al popolo qualvolta si desideri metterlo con le spalle al muro, togliergli la concentrazione necessaria, esortarlo a decidere in fretta e senza comprendere – di chiusura definitiva del passaggio con un bel muro e chi si è visto si è visto. Comprenderete facilmente cosa, un fatto del genere, provocherebbe, soprattutto per gli anziani, i bambini e tutti quelli che non posseggono un’automobile; si infliggerebbe una gravissima penalizzazione al quartiere, soprattutto dal punto di vista economico, delle attività commerciali, del valore immobiliare, eccetera. Fermo restando la questione che sia assolutamente condivisibile e necessaria la soppressione del passaggio a livello a causa della sua pericolosità, io stesso sono intervenuto diverse volte durante il mio lavoro, per gravi tragedie, per persone investite e decedute. Avevo deciso quindi, da un mese a questa parte, di partecipare agli incontri che riguardano la questione del passaggio a livello di via Corato, ma senza pretese, quisque de populo.

Fondamentalmente sono convinto di una cosa: le persone pure, quelle che hanno a cuore il bene comune, senza mezzi termini, e in questo caso il bene comune è rappresentato dall’opporsi con fermezza all’isolamento del popoloso quartiere, si confrontano serenamente e insieme si prefiggono di conseguire l’obiettivo utile per la comunità, adottando le misure più agevoli e realizzabili.

Io non ho trovato questa serenità. Sottopasso veicolare, sottopasso pedonale, soldi ci sono sì, soldi ci sono no, soldi c’erano ma la spesa è raddoppiata da un milione e mezzo a tre milioni, non c’è nessun computo metrico, c’è il computo metrico, consigliere di opposizione favorevole, consigliere di maggioranza non favorevole, palazzi, fondamenta, raccolta firme, comitato di quartiere, comitato di passaggi a livello, eccetera, eccetera, eccetera… Questo ho udito e la mia testa è confusa. Un po’ gli stessi discorsi che sei costretto ad ascoltare dai vecchi arrembati e appesi alle sbarre del passaggio a livello mentre aspetti che passi il treno: “A Tran l trein pessn ma non s fermn chiù”.

Volevo capire, ma dopo essermi recato, colmo di buoni sentimenti, agli incontri, ne capisco ancora meno. Una cosa ho capito però: di essere entrato in un gioco più grande di me o, quantomeno, di non essere in grado di comprenderlo, per cui, cari miei, me ne tiro fuori.


Alveare 2017

1 Ernesto Che Guevara – 2 Al capezzale dei vecchi – 3 La visita medica – 4 Il sindaco è come il pesce – 5 L’incidente dell’ambulanza – 6 Le nonne che giocavano a tombola – 7 Vi racconto il mio primo appuntamento al buio con una donna – 8 Barresi-Bottaro: che brutta storia – 9 Lei è un medico? Una donna? – 10 Quello strano fascista di Pinuccio Tarantini – 11 Rossella è andata via da Trani – 12 Disabili vs. normodotati. Volete sapere chi ha vinto? – 13 Ciao Ivan, compagno di liceo – 14 Lettera di Gesù Bambino – 15 Non sparate a Capodanno

Alveare 2018

1 Il problema etico di Giuseppe Tarantini – 2 Il Pronto Soccorso – 3 Il corte di Acca Larentia – 4 La razza del mio cane – 5 Alfredo Albanese – 6 Quale giorno della memoria? – 7 Sai già a chi votare? – 8 Caro Michele – 9 Sanremo senza Facebook – 10 Una campagna elettorale monotona – 11 Cara, brumosa, desolata periferia – 12 La favola di Sfortunina – 13 Gli occhi di Marilena – 14 Il furto al centro trasfusionale – 15 Attaccatevi al tram – 16 Nicola, novantasei anni. Colto da malore – 17 La stiratrice Isoardi – 18 Violenza contro anziani e lavoro sottopagato delle badanti – 19 Così festeggiate la Liberazione? – 20 Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono – 21 Don Dino, il sacerdote di quartiere – 22 L’arrivo di Emiliano – 23 Un vaccino per la solidarietà – 24 L’uomo nudo con le mani in tasca – 25 Doppio senso di marcia sul lungomare – 26 Ma siamo uomini o caporali? – 27 Cronaca di una serata di anormalità


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venerdì 15 Giugno 2018

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