Una decina di imbarcazioni e circa 40, 50 pescatori. "Ma non sono inclusi i pescatori che lavorano sulle 'volanti' a Giulianova". A Trani il settore pesca non è uno dei più strutturati tra le città del circondario ma è vivo e cerca di resistere. Abbiamo ascoltato alcuni pescatori durante le operazioni mattutine, tra reti e vendita con la bancarella sulla banchina del porto.
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"Un anno fa eravamo in estrema difficoltà, oggi una ripresa c'è, anche grazie alla riapertura dei ristoranti, con loro fermi era fermo tutto l'indotto. Ci siamo attrezzati come possibile con il domicilio ma non è semplice gestirlo".
nIn questi giorni il settore pesca di Puglia parla del decreto della Direzione generale Pesca e Acquacoltura che vorrebbe ampliare la finestra temporale del fermo biologico, una scelta che però porterebbe a situazioni economicamente insostenibili. "Come sostegno economico un pescatore nei periodi di fermo riceve 800, 900 euro, e chi ha una barca da gestire o un famiglia intera a carico, come fa? Se parliamo di ripopolare i fondali, di alleggerire il peso della pesca a strascico, dovremmo fermarci sei mesi. Ma non è sostenibile", ci racconta il comandante di una delle imbarcazioni tranesi.
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Uno dei problemi di questo settore che da vent'anni non trova soluzione è il mercato: dopo piazza Longobardi il nulla. La richiesta dei pescatori è quella di "stare in città", di poter godere di uno spazio che sia vissuto anche da ambulanti e venditori alimentari di altro genere.
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"Quando ci hanno detto di posizionarci nella zona della terra rossa non ci andava bene. È troppo esposto al sole, è troppo isolato e non è di passaggio. Preferiamo questa condizione piuttosto". E sul futuro di questo lavoro: "I giovani non si avvicinano a questo lavoro, quelli che vedete sono di famiglie che già lavorano nel settore. Non vediamo il futuro".
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