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Il suonatore di pupazzi. “Una vita in vacanza” ritmata con animali di plastica in via Zanardelli

Rino Negrogno - Donato De Ceglie
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Il suonatore di animali
Esiste un mondo diverso, fatto di persone che vivono di sogni, giocano come i bambini e hanno un sorriso dietro i baffi che si intingeranno di vino quando le strade resteranno spoglie
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Lo avranno incrociato in tanti ma Rino Negrogno è riuscito a coglierne una sfumatura diversa, intima. Lo ha filmato, gli ha chiesto il permesso di potergli rubare quegli attimi e lo ha condiviso con i suoi follower. Di seguito, due brevi pensieri.

Rino – Qualcuno ha detto che sono io tra vent’anni questo signor genio che suona con i pupazzi. Passeggiavo con mia moglie, mio figlio e il mio cane in via Zanardelli quando la nostra attenzione è stata destata da un suono ritmato di grugniti e pernacchie. Un bimbo ha esclamato: «mamma, pesta i giochi!» e mio figlio l’ha guardato senza nascondere un cenno di approvazione. È ancora indeciso se abbandonarli. Io ho confessato a mia moglie che se non avessi avuto la fortuna di incontrare lei e di avere un figlio, avrei desiderato essere lui, con quella barba e quei pupazzi da far suonare. Sognante e pervaso dal ciangottio dei pappagalli, il suo mondo monolitico, tra una pestata e una stretta sotto l’ascella, ha rassicurato i gestori dei locali e i loro camerieri: «stasera lavorerete meglio». Esiste un mondo diverso, fatto di persone che vivono di sogni, giocano come i bambini e hanno un sorriso dietro i baffi che si intingeranno di vino quando le strade resteranno spoglie. nGli ho chiesto: «posso metterti su Facebook?» e il coccodrillo ha trimbulato più forte, due o tre volte.

Donato – A suonare uno zoo di plastica ci vuole coraggio, una testa leggera, capace di non lasciarsi intimidire dagli sguardi dei passanti. Tutti quegli animaletti solitamente a riposo nei vasconi di metallo degli autogrill, prendono vita in un viottolo di città, in piena area “turistica”. Tengono il ritmo di Una vita in vacanza e quando arriva il ritornello, danzano in un tripudio di movimenti: calpestati, calciati, schiacciati da un’ascella o con un pugno. Quel signore col cappello per far risuonare la voce dei pappagalli legati al collo deve battersi il petto. Come se fosse un Mea Culpa dinanzi ad una società che richiede sempre il massimo. È l’elogio dell’imperfezione, del fuori tempo, del suonare stonati, di una vita in cui la parola vacanza non ha alcun senso ma il tempo, quello sì che ha un senso.

sabato 21 Luglio 2018

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