Cronaca

Processo American Express, attesa per il 10 gennaio la sentenza

La Redazione
Tribunale di Trani
Ieri la parola alle difese. La Procura ha già chiesto due condanne e tre assoluzioni
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Si dovrebbe conoscere il prossimo 10 gennaio il verdetto per il processo American Express, nel quale cinque dirigenti italiani sono imputati per concorso in truffa aggravata e truffa in relazione alla diffusione di carte ‘revolving’. Ieri, si sono concluse le arringhe dei difensori dei cinque imputati, per due dei quali la Procura ha invocato condanne a un anno e 4 mesi e un anno e 8 mesi (pena sospesa) già all’udienza del 29 novembre scorso; mentre altre tre ha chiesto l’assoluzione con l’equivalente della vecchia formula dell’insufficienza di prove. In dettaglio, il pm Michele Ruggiero aveva chiesto condanne a un anno e 4 mesi per Giglio Del Borgo (direttore generale e rappresentante legale di American Express Service Europe Limited per l’Italia e responsabile area carte e viaggi dal 2005 al 12 marzo 2008) e un anno e 8 mesi per Francesco Fontana (rappresentante legale dell’American Express Service Europe Limited, dirigente dell’area ufficio legale); e l’assoluzione per non aver commesso il fatto, per Massimo Quarra (che aveva lo stesso ruolo di Del Borgo dal 12 marzo 2008 in poi), Melissa Perinetti (dirigente dell’area prodotti carte di American Express) e Daniele Di Febo (dirigente dell’area compliance, che cura la conformità alla normativa italiana dei prodotti di American Express). Chiesta la prescrizione per il capo di imputazione relativo alla truffa.

L’inchiesta partì nel 2009, in seguito alla denuncia di un cliente di Molfetta che, a fronte di un prestito di 2600 euro, si era visto recapitare una richiesta di 686,54 euro per non aver pagato una rata di 129, 43 euro. Insomma, il tasso di interesse moratorio era del 54,21%, a fronte di un tasso soglia di riferimento del 25,23% stabilito per quel trimestre. Nel settembre dello stesso anno la Procura dispose sequestri e perquisizioni nella sede italiana di American Express a Roma. La guardia di finanza sequestrò l’archivio informatico relativo ai titolari di revolving card, la contabilità, copie della corrispondenza della società, del software per la gestione delle carte e del software per il calcolo degli interessi. E qualche settimana dopo vennero bloccate più di 900 carte revolving prima che potessero finire sul mercato. Intercettando gli indagati per usura, vennero fuori però conversazioni con politici e personaggi dell’informazione pubblica. Tra questi l’allora premier Silvio Berlusconi, l’ex commissario Agcom Giancarlo Innocenzi e l’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Ne scaturì un’inchiesta per concussione a carico di Berlusconi che fece non poco scalpore, poi trasferita per competenza a Roma e definitivamente archiviata.

Assente il pm Ruggiero, ieri, hanno parlato gli avvocati Bruno Assumma per Fontana e Roberto Rampioni per Quarra e Del Borgo. Respinta, in sintesi, la contestazione del pm nei confronti di Fontana che, in qualità di responsabile dell’ufficio legale, nel periodo di interesse per la diffusione delle carte non avrebbe avuto – come lui stesso aveva chiarito in una dichiarazione spontanea alla scorsa udienza – responsabilità dirette nella commercializzazione delle stesse. Per gli altri due imputati, è stato invece ribadito che esiste un sostanziale equivoco circa le peculiarità delle carte revolving e l’applicabilità delle norme nel caso specifico. Alla scorsa udienza aveva già parlato l’avvocato Maurizio Bellacosa per Peretti e Di Febo. Il processo è stato aggiornato al 10 gennaio per le repliche e la sentenza.

martedì 12 Dicembre 2017

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