Cronaca

Villa Turrisana, il Consiglio di Stato: “Legittimo operato dell’amministrazione comunale”

La Redazione
Villa Turrisana
Si potrebbe chiudere così la vicenda giudiziaria che dura ormai da sei anni
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Vedrebbe la parola fine, sul fronte della giustizia amministrativa, la vicenda giudiziaria di Villa Turrisana, storica ex residenza rurale, ubicata sulla vecchia strada statale fra Trani e Bisceglie. Il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’appello proposto dalla Gavetone srl e – accogliendo le tesi del Comune di Trani, difeso dall’avv. Domenico Colella – ha ritenuto “legittimo” l’operato dell’Amministrazione comunale che nel 2011 aveva notificato alla Gavetone srl prima l’ordinanza di demolizione di opere abusivamente realizzate e poi il diniego di sanatoria sulle medesime opere richiesta dall’impresa proprietaria della villa.

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La vicenda era iniziata con il permesso di costruire n. 61 del 6 settembre 2010 con cui il Comune aveva assentito opere di “restauro e risanamento conservativo” della villa, uniche opere autorizzabili in quanto l’immobile risulta assoggettato a vincolo architettonico dal PUG del Comune di Trani.

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Una volta riscontrate, a seguito di sopralluoghi, da parte dell’Ufficio tecnico comunale e del Comando della Polizia municipale, difformità significative tra i lavori eseguiti e in esecuzione e quanto previsto nel permesso di costruire (consistenti nella demolizione di quasi tutto il livello intermedio tra primo piano e piano suppenne, con costruzione di nuove strutture in elevazione di pilastri e travi in cemento armato e nella diversa realizzazione del vano ascensore in cemento armato), con distinte ordinanze dirigenziali venivano disposte la sospensione della prosecuzione dei lavori e successivamente la demolizione delle opere abusive.

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La Villa finiva poi sotto sequestro penale il 13 ottobre 2011. Con la sentenza n. 96 del 16.01.2017, il Consiglio di Stato ha, dunque, confermato la sentenza già pronunciata nel 2012 dal Tar Puglia, Bari, stabilendo che «le opere eseguite in difformità dal titolo edilizio, e in contrasto con lo strumento urbanistico vigente, hanno giustificato di per sé l’emissione degli atti impugnati in primo grado, con i quali il Comune aveva considerato gli interventi compiuti incompatibili con il “restauro e risanamento conservativo” e come tali non conformi alla disciplina urbanistico – edilizia vigente».

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Il Supremo organo della giustizia amministrativa ha pertanto accolto la tesi comunale per cui la reale finalità dell’intervento della Gavetone srl «accertata dapprima dal Comune con gli atti impugnati in primo grado e poi dal Tar, dopo avere espletato una verificazione, era quella di demolire gran parte dell’edificio e di realizzare una nuova struttura intelaiata in calcestruzzo cementizio armato che andasse a costituire l’ossatura dei due nuovi piani, il secondo dei quali, vale a dire l’ex suppenne, in origine non esistente».

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Il Consiglio di Stato ha quindi respinto l’appello, condannando la Gavetone alla refusione delle spese legali e del compenso spettante al verificatore nominato dal Collegio.

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venerdì 20 Gennaio 2017

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