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Alveare. “Don Dino, il sacerdote di quartiere”. La rubrica di Rino Negrogno

Rino Negrogno
Don Dino Cimadomo
Don Dino, tutte le volte che giungo con l'ambulanza al capezzale di un ammalato che abita nel quartiere Stadio, soprattutto quelli che stanno molto male, che soffrono, che sono sul punto di morire, lui c'è
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Non partecipando alla messa domenicale e non ascoltando le sue omelie, non conoscevo il suo pensiero che ho avuto la possibilità di apprezzare venerdì scorso in occasione della presentazione del mio libro “Il miracolo” e, tra l’altro, approfitto per ringraziarlo pubblicamente per aver partecipato. Di don Dino potranno dire di tutto, come ho fatto io, e diranno di tutto, parleranno certamente anche male di lui, perché è un prete che si impegna molto per i suoi parrocchiani e loro lo adorano, ma si sa, chi è voluto molto bene, è anche molto invidiato.

Diranno, come ho già detto io, che suona troppo le campane e infastidisce i turnisti (come me), che organizza sagre della porchetta e disturba i vegetariani, che organizza falò di santa Lucia e ammorba l’aria, che costruisce una chiesa grande quanto la Sagrada Familia, eccetera, eccetera.

Ma in un quartiere come il nostro, il quartiere Stadio, alle prese da trenta o forse più anni con la minaccia insistente di essere tagliati fuori dal resto della città con la chiusura del passaggio a livello, osservare quel luogo, un tempo abbandonato a sé stesso, cacatoio e pisciatoio per cani (io ho un cane), nei pressi di un asilo in costruzione dagli stessi trent’anni e una villa antica demolita per metà perché rischiava di crollare mentre ora che è un rudere, pare sia in “sicurezza”, e soprattutto il buio, dietro lo stadio, il buio assoluto; osservare sorgere un tempio che, oltretutto, diventerà un luogo di aggregazione per i nostri figli e i nostri anziani, dove si pregherà, ma ci si incontrerà e si parlerà anche, non può che rendere lieti, dare speranza.

Una frase di don Dino mi ha colpito particolarmente venerdì scorso, ha detto: “Io non posso risolvere tutto, rappresento Gesù e voglio gioire quando i miei parrocchiani gioiscono ed essere triste, piangere, quando sono tristi e piangono”. Ed è vero, don Dino, tutte le volte che giungo con l’ambulanza al capezzale di un ammalato che abita nel quartiere Stadio, soprattutto quelli che stanno molto male, che soffrono, che sono sul punto di morire, lui c’è, sia di giorno che di notte, c’è sempre, soffre con lui, gli tiene la mano.

Alveare 2017

1 Ernesto Che Guevara – 2 Al capezzale dei vecchi – 3 La visita medica – 4 Il sindaco è come il pesce – 5 L’incidente dell’ambulanza – 6 Le nonne che giocavano a tombola – 7 Vi racconto il mio primo appuntamento al buio con una donna – 8 Barresi-Bottaro: che brutta storia – 9 Lei è un medico? Una donna? – 10 Quello strano fascista di Pinuccio Tarantini – 11 Rossella è andata via da Trani – 12 Disabili vs. normodotati. Volete sapere chi ha vinto? – 13 Ciao Ivan, compagno di liceo – 14 Lettera di Gesù Bambino – 15 Non sparate a Capodanno

Alveare 2018

1 Il problema etico di Giuseppe Tarantini – 2 Il Pronto Soccorso – 3 Il corte di Acca Larentia – 4 La razza del mio cane – 5 Alfredo Albanese – 6 Quale giorno della memoria? – 7 Sai già a chi votare? – 8 Caro Michele – 9 Sanremo senza Facebook – 10 Una campagna elettorale monotona – 11 Cara, brumosa, desolata periferia – 12 La favola di Sfortunina – 13 Gli occhi di Marilena – 14 Il furto al centro trasfusionale – 15 Attaccatevi al tram – 16 Nicola, novantasei anni. Colto da malore – 17 La stiratrice Isoardi – 18 Violenza contro anziani e lavoro sottopagato delle badanti – 19 Così festeggiate la Liberazione? – 20 Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono

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venerdì 4 Maggio 2018

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