RUBRICA

Alveare: “Ciao Ivan, compagno di liceo”. La rubrica di Rino Negrogno

Rino Negrogno
San Domenico Trani
Se amiamo davvero i nostri figli, la prima cosa razionale da fare è quella di abbandonare in fretta questa città
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Quando muore un compagno di liceo, una persona con cui hai trascorso ogni giorno per cinque anni, anche se dopo la maturità ci si vedeva poco, ognuno per la sua strada, con il suo lavoro, la sua famiglia e le sue preoccupazioni, sei pervaso da un indescrivibile senso d’inquietudine, di profonda tristezza, oltre che da una terribile presa di coscienza circa il tempo che fugge inesorabile. Eravamo tra i più discoli Ivan, con Mimmo, Pino, Angelo, Beppe… Eravamo i deficienti che fumavano già a sedici anni e nascondevano le sigarette sotto il banco per non essere scoperti dai genitori, per fumarle in bagno di nascosto da Simino, alla finestra che si affacciava sulla cassa armonica tra i pini, i lecci e i nostri discorsi frivoli. Eravamo quelli che a primavera era impossibile resistere dal tirare dritto per la villa comunale che, per nostra sfortuna, era prospiciente il liceo oltre che il mare e i nostri professori, Di Palo, Cassano, Di Bari, Ippolito, Bragiotti, Monterisi… ci scovavano sempre con in serbo le loro consuete rampogne.

Vederti andar via così presto, Ivan, come ne vedo tanti, troppi giovani, sapere che lasci nel dolore una moglie e dei figli, non può che farmi tornare con la mente a quei tempi fioriti, sebbene, per certi versi, ne paghiamo ora un conto forse troppo salato, quando non avremmo mai immaginato che fumare, per giunta in una città avvelenata, non era la cosa migliore da fare; mi fa pensare alla disperazione dei tuoi ultimi giorni, quando eri certamente preoccupato per i tuoi figli che lasciavi senza padre; mi fa ritenere che abbia ragione mia moglie quando dice che se amiamo davvero i nostri figli, la prima cosa razionale da fare è quella di abbandonare in fretta questa città che, tra cave dei veleni, discariche inquinanti e tetti di amianto, non è in grado di occuparsi della salute dei suoi cittadini; ma voglio ricordarti per sempre com’eri al liceo, allegro e solare, nella palestra d’asfalto, accanto alla finestra del bar, con la focaccia e le Marlboro Rosse da dieci, maledette.

Ciao Ivan.


BIO – Alveare – Lavoro per strada, in mezzo alla gente, ascolto il brusio e ho l’impressione di trovarmi in un alveare; salgo e scendo i gradini delle scale, entro ed esco dalle case, dai reparti ospedalieri, delle prigioni e ho l’impressione di entrare e uscire dalle celle esagonali dei favi di un alveare; scorro le notizie e le storie sul mio pc, su e giù e mi ritrovo di nuovo in un alveare di pensieri e avvenimenti; mi fermo un istante e nella mia mente nasce una storia. Lavoro come infermiere nel servizio emergenza urgenza 118 da quattordici anni ma ho la mania della scrittura, della poesia e del racconto e qualcuno è così folle da concedermi lo spazio per farlo, ma, tutto sommato, è meglio incontrarmi in veste di poeta e scrittore. Buona lettura.


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venerdì 15 Dicembre 2017

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