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È nata come “pacchetto di pasta”, oggi è una guerriera. Lettera della mamma di una bimba prematura

La Redazione
Giornata mondiale della prematurità
Tutte le paure raccolte in questo testo scritto dalla mamma di una bimba nata a 29 settimane. L'ansia e la gioia di poter finalmente cominciare la marsupioterapia
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«Per sette lunghi mesi avevamo pensato semplicemente di mettere al mondo nostra figlia, arrivando in ospedale al nono mese di gestazione con la valigetta pronta, con il corredino scelto da mesi. Credevo di poter stringere la mia piccola al primo respiro mentre il papà mi prendeva per mano, pensavo di sistemare la culla accanto al mio letto di ospedale e di vegliarla giorno e notte, mentre tra una poppata e l’altra, aspettavamo le visite di parenti e amici». Abbiamo accolto le parole di una donna, mamma di una bimba prematura. Tutte le paure, le attese, il distacco terribile dei primi giorni fino a che non abbandona la terapia intensiva. Secondo gli standard internazionali è prematuro un neonato nato prima della 37esima settimana di gestazione e con peso inferiore ai 2 kg e mezzo.

«29 settimane, 1200 grammi, 42 centimetri, nasceva così, all’improvviso, in una calda sera d’estate. La mia piccola, piccolissima bambina. Così è cominciata la nostra avventura, così lontana da quello che ci eravamo immaginati. Quando il nostro “pacchetto di pasta” è nato, invece, è stata immediatamente ricoverata presso l’Unità Operativa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale (TIN) del Policlinico di Bari: l’abbiamo vista di sfuggita, piangeva come un gattino e quando abbiamo potuto rivederla il suo troppo esile corpo era in un’incubatrice, circondato da tanti di quei tubicini che riuscivamo ad intravederne appena le sembianze, eppure era bellissima, luminosa e noi eravamo a nostro modo felici: la nostra bambina era viva!»

Sono 15 milioni nel mondo i bambini che nascono prematuri, di cui 40mila in Italia. In occasione della Giornata Mondiale delle Prematurità (inaugurata nel 2008 dalla European Foundation for the care of newborn infants), che si celebra il 17 novembre abbiamo voluto raccontarvi l’esperienza dolorosa ed estrema dell’essere genitori di un “bambino piuma”, come vengono spesso denominati. Sono bambini esili, fragili, che riescono a stare sul palmo di una mano e che necessitano di amore, ma che a loro volta lo donano ai genitori che da un momento di gioia sprofondano nel dolore vedendo quel corpicino che combatte tra la vita e la morte.

«Era bellissima perché potente sin dai primi attimi di vita, piena di tubicini si nutriva, ci guardava, ci ascoltava e consolava le nostre lacrime con i suoi piccoli sorrisi. Noi le raccontavamo le nostre giornate fuori dalla TIN, le leggevamo dei libri, le facevamo ascoltare il carillon regalatole da una cara “amica custode” e non aspettavamo altro che un’infermiera o un infermiere ci comunicasse che era arrivato il momento della marsupioterapia per stringerla forte ai nostri cuori».

«Avere un prematuro ricoverato in terapia intensiva significa poterlo vedere in determinati momenti della giornata, circa sei, per un’ora, quindi sei ore al giorno, su ventiquattro ore, dove le ore notturne sono le più lunghe perché la culla che hai accanto al tuo letto di casa è vuota; significa che i parenti e gli amici la vedranno chissà quando; significa che il corredino non serve, tanto comunque sarebbe troppo grande; significa disinfettarti le mani fino a fartele sanguinare; significa condividere la tua avventura con gli altri genitori vicini di incubatrice; significa che quel vicino di incubatrice diventa un po’ anche figlio tuo; significa controllare continuamente che il saturimetro non suoni perché se suona c’è da preoccuparsi molto; significa alimentarlo col tuo latte che stanca, stanchissima riesci a tirare la sera di ritorno dalla TIN, latte che andrà a finire nei tubi che gli infermieri gli hanno infilato nel naso o in gola per alimentarlo; significa pesare le feci e pregare ogni giorno che prenda alcuni grammi, che il cuore stia bene, che la circonferenza cranica sia perfetta, che impari a ciucciare in modo da potertelo finalmente portare a casa e mettere la parola fine a quella “strana vita” vissuta in reparto».

«Ed anche dopo le dimissioni, quando pensi che finalmente sia arrivato il momento di viverti la tua piccola nella normalità del quotidiano, anche lì ti accorgi che la strada da fare è ancora lunga, perché hai timore di tutto, di un filo di vento, di una carezza, perché le visite sono ancora tante e spesso la paura prende il sopravvento, ma non vince: la paura con i bambini prematuri non vince mai! La paura anche con noi non ha vinto, nonostante la strada sia ancora lunga, abbiamo vinto noi!»

La mamma abbraccia la sua piccolina, oggi sorridente felice e forte, la paura dei primi mesi è andata via ed ha lasciato spazio alla gioia di avercela fatta, di non essere stati oppressi dalla paura, dalla fatica, ma di aver lottato mano nella mano con e per la piccola.

«Ha vinto la nostra famiglia che ci ha protetto instancabilmente, hanno vinto i nostri amici che non ci hanno lasciati un attimo soli, hanno vinto i nostri colleghi che hanno tappato tutti i buchi possibili per permetterci di essere presenti ad ogni visita, hanno vinto i medici che non hanno mai mollato, hanno vinto gli infermieri che hanno cullato noi e la nostra piccina anche oltre i due mesi di TIN, ha vinto il Professore perché lui sapeva che ce l’avremmo fatta quando noi non lo sapevamo ancora, ha vinto la fede senza la quale saremmo crollati. La storia della mia piccola prematura è la storia di una bambina felice, chiacchierona, allegra, spensierata, ma soprattutto amata, perché l’amore l’ha alimentata sin dai primi istanti della sua vita, e potente, perché ha combattuto e vinto già due volte: ha vinto contro la morte e ha quasi vinto contro una patologia».

«Oggi, per la prima volta scrivo questa storia e mi guardo indietro, vedo la strada che abbiamo percorso, e tutto sommato non mi sembra poi così terribile, anzi forse mi piace, soprattutto per tutto l’amore e la gentilezza che la nostra storia ha messo in moto, facendoci diventare delle persone migliori, dei genitori migliori, degni della nostra ormai grande guerriera».

sabato 18 Novembre 2017

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